lunedì 1 maggio 2017

Telepass: così ti frega con il fisco




L’eccessivo numero di viaggi, sia per lavoro che per vacanza, è incompatibile con un reddito basso.








Fai tanti viaggi in autostrada e vuoi saltare la fila? Sicuramente il Telepass è un sistema efficacissimo, che consente di risparmiare diversi minuti di fila al casello, specie nei week estivi di maggior traffico. Ma poco spesso si pensa che questo piccolo strumento, collocato sul parabrezza anteriore dell’auto, può essere usato dal fisco per un accertamento fiscale. Nessun allarme: il gingillo giallo, collegato con i terminali della società Autostrade, non trasmette (almeno per il momento) i tuoi dati all’Agenzia delle Entrate, ma – paradossalmente – potresti essere tu stesso ad autodenunciarti. Possibile? Sì, e la risposta è suggerita in una recente sentenza della Cassazione [1]. La pronuncia, sebbene indirettamente, contiene un importante avvertimento a tutti i contribuenti: chi usa il Telepass può diventare vittima del fisco. Ma procediamo con ordine.

Prima però di spiegare come il Telepass ti può fregare con il fisco, è necessaria una preliminare precisazione. Se c’è una cosa che non si può nascondere all’Agenzia delle Entrate è il conto corrente: tutti gli addebiti e gli accrediti che risultano dalla documentazione bancaria consentono di risalire a eventuali redditi non dichiarati. Così i versamenti in banca, se non motivati, diventano motivo per un accertamento fiscale, salvo che il contribuente dimostri la fonte del denaro (e ovviamente, l’avvenuta tassazione alla fonte o l’esenzione). Allo stesso modo i prelievi sul conto possono essere indicativi di un tenore di vita incompatibile con quanto dichiarato al fisco. E tra i prelievi sul conto ci sono anche gli addebiti automatici che derivano da Rid o da altre deleghe di pagamento. Come, ad esempio, i pagamenti con carte di credito, bancomat e quindi anche quelli al casello autostradale quando non avvengono con moneta contante. Ma perché mai il pagamento al casello potrebbe giustificare un accertamento fiscale? «Semplice», dice la Cassazione: chi prima dichiara un reddito basso e poi è sempre in viaggio deve spiegare per quali motivi – e soprattutto con quali soldi – si sposta. In altri termini due sono le cose: o si tratta di continui viaggi di lavoro e, in tal caso, non è pensabile che il contribuente guadagni poco; oppure si tratta di viaggi vacanza, e in tal caso il contribuente dovrà chiarire con quali redditi sostiene il proprio divertimento. In sintesi, un numero eccessivo di viaggi – sia che avvenga per lavoro che per vacanza – è incompatibile con un reddito basso. Da sempre i pagamenti ai tour operator sono uno degli indici utilizzati dal fisco per gli accertamenti con redditometro, ma nulla esclude che si possa estendere il discorso anche a quelli con il proprio mezzo.

A questo punto si inserisce il Telepass i cui addebiti sono tracciabili perché vengono direttamente scalati dal conto corrente. Una traccia inequivocabile per il fisco. Ma davvero l’Agenzia delle Entrate si mette a spulciare il tuo conto corrente alla ricerca dei pagamenti alla società Autostrade? Se anche in teoria ciò è possibile, al momento il vero rischio – come detto in apertura – è che il contribuente si autodenunci, portando i pagamenti col Telepass in dichiarazione dei redditi, come costi della propria attività: un piccolo risparmio a fronte di un elevato rischio. Impossibile non parlare, in questo caso, di netto “autogol”. E la dimostrazione è proprio la sentenza in commento che ha riconosciuto la possibilità di accertamenti fiscali per troppi caselli autostradali. In altre parole, se non paghi con il tradizionale cash ogni versamento alla società Autostrade potrà essere tracciato e utilizzato contro di te. Ivi quelli avvenuti con Telepass.


Nessun commento:

Posta un commento